Di seguito troverete un interessantissimo articolo, scritto da A. Carcano per la rivista Quattroruote nel quale esegue la prova su strada, per un’intere settimana della nuova KIA CEE’D 1.0 T-GDI GT.
Anche la cee’d entra a far parte del club delle tre cilindri turbo, con il motore di un litro da 120 cavalli e 172 Nm di coppia, sviluppato dai tecnici coreani. Si tratta di un’unita moderna e sofisticata: ha basamento di lega leggera, distribuzione bialbero con comando a catena e doppio variatore di fase, iniezione diretta a 200 bar e turbo con wastegate a comando elettrico. L’unica omissione degna di nota è quella del contralbero di equilibratura, ma la Kia non è la sola Casa a non montarlo: a parte i costi, col contralbero salgono pure le perdite per attrito e quindi i consumi e le emissioni di CO2, ottime ragioni per farne a meno.
Day 1. L’approccio con la cee’d 1.0 T-GDI 120 CV GT Line è quindi volto a valutare l’impatto del nuovo propulsore in termini di prestazioni, ma soprattutto rumorosità e vibrazioni. Vibrazioni che si avvertono appena al minimo, e non sulla leva del cambio, punto critico da isolare. Nella guida cittadina alle orecchie arriva chiaramente la tipica sonorità del tre cilindri, ma sempre a un livello moderato, che non disturba. E la spinta del turbo si sente forte e chiara, tale da non soffrire di complessi d’inferiorità con vetture di cubatura più generosa anche con quattro persone a bordo, come in questo caso. L’imbocco dell’autostrada consente di esplorare la zona alta del contagiri: la progressione è generosa e anche ai massimi regimi il tre cilindri coreano si comporta bene, girando rotondo e senza vibrazioni. Innestata la sesta e impostato il cruise control a velocità codice, il motore a 3.000 giri sparisce, sovrastato dalla rumorosità di rotolamento che s’avverte, questa sì, forte e chiara. E l’assetto mi sembra un po’ troppo rigido per i miei gusti: la gommatura da 17 pollici non filtra bene le sconnessioni dell’asfalto e la mia schiena non si trova a suo agio neppure con lo schienale del sedile. Ma va detto che negli ultimi tempi è un po’ acciaccata. Roberto Boni, redazione Prove su strada/tecnica
Day 2. Torno alla guida della Kia cee’d berlina dopo un po’ di tempo. Come capita sempre, qualcosa pare cambiato. L’ambiente di questa GT Line è accogliente e le finiture curate: il tocco grintoso arriva dalla pedaliera sportiva. Regolazioni elettriche (con memorie), cintura che scorre in altezza e sedile ampio aiutano a sistemarsi bene alla guida, anche se mi sento poco “fasciato” sui fianchi. Grande e comodo il volante, ma un po’ troppo affollato di tasti, anche se poi ci si raccapezza. C’è curiosità per il motore di questa cee’d, il tre cilindri turbobenzina 1.0 T-GDI da 120 cavalli, dotato di Start&Stop e abbinato al cambio manuale a sei marce. Anche perché, ormai tra le compatte, questa motorizzazione è diventata un must: bisogna averla e pure competitiva. Al minimo, a freddo, non si notano che lievissime vibrazioni sul volante: poca roba, e nulla sulla pedaliera. Il “tre”, che al semaforo, poi, pare quasi spento, si presenta quindi equilibrato e ben isolato. Anche nel riavvio con lo Start&Stop, privo di scossoni. La coppia appare prestissimo, già sui 1.500-1.700 giri: e, si vede, l’1.0 turbo predilige la progressione e la risposta morbida e regolare, allo spunto tutto e subito. Che è un po’ la filosofia della Casa in fatto di erogazione della potenza. Il timbro del tre cilindri fa capolino quando si schiaccia, ma il motore non diventa mai davvero fastidioso. Neppure quando lo si spreme a fondo, in barba ai consumi: arriva poi a 6.500 giri, mostrando un allungo che non ti aspetti. Tenendo conto che le marce sono molto lunghe e spaziate. Lavora bene il cambio manuale, dagli innesti abbastanza corti e guidati, accompagnati da un rumore della leva non sgradevole. E la frizione risulta ben modulabile. Il carattere omogeneo e solido della cee’d 1.0 T-GDI 120 si ritrova in autostrada, dove alle velocità consentite – in sesta a 130 indicati si marcia a 3.000 giri – l’ambiente è confortevole e ovattato. Ma pure l’assetto sembra “attento” a non arrecare fastidi ai passeggeri, nonostante la gommatura barra 45. Andrea Stassano, redazione Prove su strada
Day 3. Sono cresciuto con pochi dogmi. Normale, per chi è stato ragazzo negli anni 70, quando l’imprinting ti costringeva a contestare tutto, a prescindere. Ma uno dei dogmi, per chi si nutriva di giornali di auto, era che il numero di cilindri di un motore dovesse essere pari. Due, per le utilitarie (all’epoca, imperava la 126). Quattro per quasi tutte. Sei-otto, per le macchine da sogno e i Ford-Cosworth di Formula 1 (che dominavano i G.P.). Dodici, per le Ferrari (e poche altre). E poi, non c’è qualcuno che, all’improvviso, salta fuori con un cinque cilindri (Mercedes iniziò con un diesel, nel 1974, seguita da altri). Sconcerto. E le vibrazioni? Basta un contralbero di bilanciatura. Insomma, passa il tempo e, pian piano, si mandano giù anche i motori “dispari”. Molto dopo, a fronte del bisogno dilagante di downsizing (i consumi, le emissioni…), si abbatte sul mercato una valanga di tre cilindri. Ma siamo in un’epoca in cui, di dogmi automobilistici, ne sono già crollati tanti, forse tutti: più facile, quindi, accettare anche questo frazionamento anomalo. Non è che mi piacciano tanto. Vibrare, vibrano. E il rumore… Tutta questa premessa, per dire che alla Kia cee’d GT Line equipaggiata col 3 cilindri turbobenzina da un litro di cubatura mi sono avvicinato con un certo scetticismo. Ora, si dice che solo gli stupidi non cambino mai opinione (Orwell? Nietzsche? James Russell Lowell? Un buon aforisma non si nega a nessuno). Non volendo comunque rientrare, almeno per questo motivo, nella categoria, ho fatto presto a ricredermi. Perché l’effetto tricilindrico sulla Kia si sente poco. O niente. Un poco nelle accelerazioni cittadine, per altro brillanti come non ci si aspetterebbe da un “millino” piazzato nel cofano di una due volumi di questa stazza. Niente, ma proprio niente, a velocità autostradali. Complimenti alla Casa, dunque. E non solo per il motore. Il cambio, per esempio, ha begli innesti precisi, anche se la corsa della leva mi costringe ad allungare un po’ il braccio. Lo sterzo, messa alla prova sulla Serravalle (per inciso, disseminata di cantieri che dimostrano tutta la vetustà di questa che ormai ha poco da spartire con un’autostrada), mi sembra gradevole, anche lui preciso. Quando l’andatura aumenta, si sente un po’ di rumorosità aerodinamica, tollerabile. In città, neppure lo Start&stop dà luogo a sussulti molesti (cosa rara, sui tricilindrici). Se mi guardo intorno, vedo un abitacolo ricco e rifinito con materiali di qualità: ma non è una sorpresa, quello delle coreane “parenti povere” delle berline occidentali è un luogo comune sepolto da un pezzo. La dotazione (navigatore, radio DAB, sedili regolabili elettricamente ecc.) non fa una grinza: c’è tutto, forse anche un po’ troppo sul volante, affollato di pulsanti. Resta da dare un’occhiata al costo: il listino, per la 1.0 T-GDI 120 CV GT Line, parla di 22.750 euro. Non son più le coreane di una volta. Anche nel prezzo. Emilio Deleidi, redazione Inchieste
Day 4. Salendo sulla cee’d, mi torna in mente un piccolo dettaglio, si fa per dire, registrato alla presentazione dell’ultimo modello, pochi mesi fa: questo modello, zitto e cheto, ha superato il traguardo del milione di auto prodotte (tutte nello stabilimento super robotizzato di Zilina in Slovacchia, dal 2006 con la prima versione e dal 2012 con la seconda). Un numerino magico che ricorda quanto vadano presi sul serio i coreani. Dunque, rivediamola. In realtà per me è come rituffarmi in diverse prove scritte da poco e verificare che le prime impressioni siano ancora valide. E allora parto da fuori, da quei Led a forma di cubetto, o ice-cube, che sono l’innovazione più evidente dell’ultimo restyling, e in particolare della GT Line. Mi piacciono ancora, danno un tocco, una firma riconoscibile, che spesso alle coreane manca, o almeno mancava in passato. Questa è la versione più sportiveggiante, e il carattere non le manca: dentro per esempio ritrovo, a dire la verità sempre con un po’ di stupore, la pedaliera di metallo come su un’auto da corsa, che però tutto sommato si abbina bene alle finiture nero lucido sulla plancia e ai tanti dettagli ben curati. La cee’d è leggera e mi accoglie con una piacevole agilità. Il mille tre cilindri è una novità “già nota”, infatti l’ho provato da poco sulla Hyundai i20 Active. Va benissimo, è silenzioso, rilassante e spinge davvero bene quando lo si sprona un po’ pigiando sul gas. Mi colpisce positivamente anche il funzionamento dello Start&Stop: di solito, su alcune vetture dove dà scossoni o eccessive vibrazioni, lo disinserisco alla prima ripartenza fastidiosa. Qui non mi disturba per niente, visto che il motore si riavvia senza alcun sussulto appena si arriva a metà corsa della frizione. Sulle performance del millino tre cilindri, c’è poco da stupirsi: dopo le magie dei vari 1.0 Ecoboost della Ford e dei pari cilindrata Opel e Volkswagen, i tre cilindri turbo sono una certezza, perché garantiscono non solo la giusta potenza, ma soprattutto la coppia ai bassi regimi e una piacevole regolarità nell’erogazione. Nel caso del motore “made in Corea” (ma in futuro, forse, fabbricato anch’esso a Zilina, altro ricordo della presentazione) i 171 newtonmetri sono disponibili tra i 1.500 e i 4.000 giri, e insomma ai regimi medio-bassi si va che è un piacere. Ultima considerazione: il nuovo modello ha pure dispositivi per la sicurezza che prima non c’erano, come l’avviso angoli bui, gli abbaglianti automatici e il riconoscimento dei limiti di velocità. Mica male.
Andrea Sansovini, redazione Prove su strada
Day 5. Avendo poco tempo per approfondire la conoscenza con questa cee’d, nel breve tragitto lavoro-casa-lavoro cerco di focalizzarmi sulle sensazioni più immediate. E al termine del mio giro la prima considerazione che mi viene spontanea riguarda la stabilità. Ecco, nonostante la pedaliera di alluminio, i sedili avvolgenti e il look complessivamente sportiveggiante, una volta sceso dalla compatta coreana la percezione più netta è di avere a che fare con un’auto solida, sicura, ben piantata per terra anche quando ci si dà dentro col gas, più che con una vettura sprintosa. Intendiamoci, non c’è niente che non vada in questo tre cilindri di un litro da 120 CV, che fa il suo mestiere superati i 3.000 giri. Ma anche quando allunga con decisione fino e oltre il limitatore è sempre molto lineare, non fa mai percepire quel cambio di passo proprio delle versioni più sportive. In più, il cambio dagli innesti “guidati” non è proprio un fulmine ogni volta che si agisce sulla leva, e ciò mi porta ad annoverare questa cee’d più fra le auto confortevoli che fra quelle brillanti. Lo spazio a bordo è abbondante e in città assorbe buche e imperfezioni dell’asfalto con una certa disinvoltura, anche se qualche botta sullo schienale si sente, ma più per la conformazione e la scarsa imbottitura del sedile che per un’eccessiva rigidità del comparto sospensivo. Per il resto nulla da dire. Si viaggia in silenzio, sia per la (già evidenziata dai colleghi) discrezione del tre cilindri, sia per la buona insonorizzazione complessiva. La frizione è morbida, il pedale del freno ben modulabile e in fase di manovra si è ben supportati dai sensori di parcheggio posteriori e dalla retrocamera, che proietta le immagini sull’ampio display montato sulla console centrale.
Fonte Articolo: Quattroruote.it